Mai come ora ...

di Bill de Vita - Lunedì 10 Aprile 2020


Bisogna mettere in discussione, non gli strumenti attuali di costruzione e gestione del valore, ma un diverso modello di definizione dei valori.

All'inizio, quindi alla fine, c'è la considerazione che facciamo sulla natura dell'essere umano.

Per me è innegabile che l'essere umano, liberato dalle paure e inserito in un contesto solidaristico, che, ne sono convinto, gli è geneticamente proprio, è una creatura semplicemente splendida!

Ogni forma di accumulazione privatistica è una depravazione, una privazione di umanità propria, un ridursi, farsi piccolo, sminuirsi, nella storia. È frutto di cultura, di una cultura. Vi vedo, non di rado con intelligenze e saperi notevoli, impegnati in ragionamenti su MES, Eurobond, banche centrali, borse e mercati. Sono gli strumenti attuali, della cultura attuale.

Svegliandomi mi son detto che il cardine, al netto delle psicopatologie derivate dalla cultura attuale, è il rapporto fondativo tra lavoro e denaro. La possibilità di vivere è legata al denaro, il denaro viene fatto derivare dal lavoro. Il controllo della possibilità di vivere è il risultato della gestione del mercato del lavoro. Che di mercato si tratta, non di reale possibilità, di scelte si tratta, non di fato o causa metafisica. Si gestisce l'occupazione, anche questo è un concetto da mettere in discussione, gestendo la disoccupazione; si gestisce il benessere gestendo il malessere; si gestisce la sicurezza gestendo l'insicurezza.

Il mio punto di partenza, e mi termino, è che Hobbes era un coglione col cazzo corto e che l'essere umano ha un bisogno intrinseco di contribuire all'altro e che questa è la più grande soddisfazione-di-bisogno che conosce e nella quale si specchia e si conosce.

Termino, forse, aggiungendo che non è il mito del buon selvaggio, ma la consapevolezza, anche, che siamo in una economia delle sovrapproduzioni, non c'è scarsità di beni, e la logistica ha un costo quasi azzerato e abbiamo tecnologie e saperi sovrabbondanti rispetto i problemi legati agli equilibri globali che la cultura attuale ha prodotto. Per attuale non intendo l'oggi, separato e diverso dal ieri, ma tutto il quanto disponibile, dalla caverna al 2020, il "cosa abbiamo".

Questo mio abbozzo di pensiero non è assolutamente l'indicazione di un percorso possibile, anzi: l'assoluto predominio della cultura del capitalismo e del consumismo, ha una rilevanza, un peso, una sovranità di pensiero, azione e struttura, che non è certo una pandemia a poterlo far vacillare. L'oggi pandemico può giusto farci riscoprire, confermare, e non a tutti, quanto ci appartiene il senso della bellezza insita nel bene, e può darci più forza nella sua ricerca. Le verità del sistema, grazie alla continua e pervasiva, mai come ora, opera di addestramento, per molti è l'unico universo culturale di riferimento. Non può esserci opera di liberazione nel breve periodo perché l'intelligenza critica è ridotta, drogata, da un grado di falsificazione della realtà e dei linguaggi frutto di strumenti di relazione mai così potenti e totalizzante nella storia universale.

In sintesi, più o meno: occorre slegare il diritto di vivere dal lavoro e affermare una valorialità sociale dell'individuo legata al dono di sé, e non al possesso di beni.

Vado a fumare. Poi torno, forse, a parlar di carburatori, pialletti, forme, colori e note. Gioia a voi.

Bill de Vita